Yonkyo, dritto al cuore.

Man mano che l’apprendimento dei principi dell’Aikido evolve attraverso i suoi passaggi fondamentali, i praticanti affrontano crescenti difficoltà nel padroneggiare le tecniche, comprenderne il senso, il funzionamento e lo scopo.

Yonkyo, il quarto principio, è in qualche modo un oggetto misterioso. Una tecnica che può essere descritta chiaramente e replicata come automi -come ogni altra tecnica, del resto.

Tuttavia se si visita un Dojo durante una lezione in cui si studia yonkyo, probabilmente si vedranno alcune persone frustrate perché l’esercizio non riesce; altre che proveranno un sacco di dolore.  Nel mezzo, un sacco di altre persone con un enorme punto interrogativo sul loro volto, mentre cercano di trovare il punto esatto su cui dovrebbero applicare una certa pressione per controllare il nervo radiale sull’avambraccio del partner, in modo che possano controllarlo grazie ad un dolore acuto e fulminante.

Molti dialoghi tra praticanti, anche se non pronunciati, in quell’occasione potrebbero suonare come segue:

“Ho capito?”

“Fa male? / È doloroso?/Soffri come un cane?” (a seconda della confidenza con il proprio uke)

“Quando finirà tutto questo?” e così via.

Come per ogni altra tecnica di Aikido, non dovremmo dimenticare che affonda le radici su una secolare esperienza di studi minuziosi e perfezionati su come avere ragione di un nemico, concludendo il più velocemente possibile un conflitto.

Il che significava, un tempo e a qualsiasi latitudine, soprattutto in Giappone, sopravvivere imponendo altri enormi carichi di dolore se non la morte.

Pertanto, in pratica, yonkyo è una tecnica che si basa sullo studio di come il nervo radiale attraversi il braccio fino ai polsi e alle mani, cosicché la corretta pressione consenta di controllare il centro, l’equilibrio e il movimento del partner.

Eppure forse ci sono molte altre prospettive dalle quali possiamo fare riferimento a yonkyo. Lo studio del Budo dovrebbe perlomeno contemplare qualcosa di più del solo studio tecnico.

Se osserviamo il punto sull’avambraccio su cui applicare yonkyo, possiamo vedere che corrisponde ai punti che sono stati studiati dalle tradizioni orientali per la cura delle malattie cardiopolmonari. Nello Shiatsu e nell’agopuntura sono conosciuti come Tai en (“punto della grande stagnazione” sul meridiano del polmone) e Nai kan (la “porta interna” sul meridiano del maestro  del cuore).

Quindi, probabilmente, se stiamo studiando una tecnica in un modo che possiamo replicare migliaia di volte perché il nostro impegno è quello di preservare sia noi sia il nostro partner, sicuramente non distruggeremo il braccio o i nervi del nostro partner.

Allora, perché stiamo facciamo così tanta fatica per capire questo accidenti di yonkyo? Forse la risposta potrebbe essere allo stesso tempo sottile ed evidente.

Se Aikido è “arte della pace” e un nuovo modo di unificare e connettersi, yonkyo potrebbe essere una porta per connetterci al cuore e al sistema interiore dei nostri partner e, allo stesso tempo, potremmo prenderci cura di loro, offrendogli una sorta di trattamento, aiutandoli a sentirsi meglio.

Tuttavia, gli aspetti tangibili della pratica dell’Aikido ci suggeriscono fortemente di essere consapevoli che se vogliamo camminare su sentieri sottili del Budo, dobbiamo comprendere le basi del jutsu. Questo movimento pendolare, nel tempo, conferisce all’artista marziale il dono di un equilibrio dinamico, evitando quindi di dimenticare il jutsu preferendo il Budo o viceversa.

Citando una storia riportata da Bruce Lee, un maestro Zen, che praticava la via del kempo giapponese, durante un periodo di grave malattia che alla fine lo avrebbe portato alla morte, affrontò le richieste di alcuni dei suoi studenti su quale fosse il “segreto” della sua arte. Rispose dicendo che non c’era alcun segreto. All’inizio del suo apprendistato (racconta l’insegnante nella storia) per lui un calcio e un pugno erano solo un calcio e un pugno. Quando divenne un esperto nell’arte, capì che un calcio e un pugno erano qualcosa di più perché erano “pieni” di un significato che solo chi praticava l’arte avrebbe compreso.
A ragione della sua vecchiaia e della sua esperienza e a causa della maggiore saggezza che ne derivava e forse anche a causa della malattia debilitante, l’insegnante confessò ai suoi studenti che si era reso conto che alla fine, un calcio e un pugno non sono nient’altro che un calcio e un pugno.

E yonkyo continuerà ad affascinare migliaia di studenti.

   Send article as PDF   

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.